IL LATERCOLO POMPEIANO

 Il latercolo pompeiano, così detto per la sua forma simile a quella di un piccolo mattone, è il più antico esemplare di Quadrato mai ritrovato ed è oggi conservato gelosamente negli archivi della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei.

Oltre alle parole del Quadrato vero e proprio, il graffito è formato da altre parole di non semplice soluzione.

Il primo problema per gli studiosi, in verità, consiste nel decifrare quali siano davvero le parole graffite dall’autore. L’antichità e l’eccezionalità del reperto, sopravvissuto all’eruzione del Vesuvio, non giova certo alla sua chiarezza.

Tuttavia, gli archeologi sono tutti più o meno d’accordo che nella prima riga dell’iscrizione si legge:

SAUTRAN VAL(E)

VALE è il tipico saluto romano che ritroviamo nelle lettere, ma anche nelle preghiere. Corrisponde al nostro SALVE. In questo caso è accorciato con un’apòcope.

Più ostico è comprendere il significato di quel SAUTRAN.

Abbiamo già visto che anagrammato forma la parola SATURNA, che si riferisce molto probabilmente ai saturnia regna, l’età dell’oro.

La parola SAUTRAN può derivare dal persiano khshatrapavan[1], che significa colui che detiene il potere, oppure dal persiano sitrab[2], che significa personaggio eminente, un satrapo, cioè il governatore persiano, ma anche un uomo molto ricco, un nababbo. Il termine è usato come riferimento all’opulenza e al benessere economico, ed inoltre è un epiteto divino.

Da qui traggono origine anche altre parole, come il greco σάτρα, termine indeclinabile di derivazione persiana che significa oro, citato da Aristofane.

I Sátrai, inoltre, sono un’antica popolazione della Tracia, menzionata da Erodoto, il cui nome deriva dal persiano e si collega all’idea di dominio, potere. Esichio nel suo glossario li chiama anche Saũrai[3].

Nel latino popolare il termine saurus si riferiva al colore giallo-dorato. Ne derivano i sauri, cavalli dal mantello dorato, la radice provenzale saur e il sauternes, pregiato vino francese dal colore giallo-oro.

Saurus è anche un termine della Falconeria medievale. Federico II nel suo libro De arte venandi ci spiega che plumas et pennas Sauras sono il plumagium aurum, il piumaggio dorato che caratterizza i giovani rapaci.

La Grande Palestra di Pompei era frequentata da un’umanità molto varia e colorita. Possiamo immaginare che sia stato qualcuno di origini persiane a tracciare il Quadrato e ad unire, in una sorta di gioco di parole, le due radici saur e satr, oro e potere divino, per formare un’unica parola. La quale a sua volta anagrammata forma il nome Saturno.

Il significato totale può essere: Salve Saturno, divino portatore dell’età dell’oro.

Segue una grande S i cui significati possono essere più d’uno: S di Saturno, ma anche la linea sinuosa per richiamare alla mente il lento movimento dei buoi che arano e la lettura bustrofedica.

Nell’antica simbologia, inoltre, la S rappresentava l’eterno ritorno delle cose e del tempo, ed era assimilata alla spirale e al moto elicoidale che richiama alla mente Elice, l’elica, il nome greco del Grande Carro.

Il triangolo che si trova direttamente sopra il Quadrato rappresenta, molto probabilmente, la costellazione del Capricorno, legato a Saturno secondo l’astrologia e ritenuto fratello di latte di Zeus nella mitologia.

Esiodo narra che fu Pan a salvare il dio durante l’epica lotta col gigante Tefeo, una prima volta avvertendolo col suono della sua conchiglia e una seconda quando il mostro gli addentò le gambe azzoppandolo. Per ricompensa Zeus lo innalzò al cielo nella costellazione del Capricorno.

In questa costellazione le stelle principali formano proprio un triangolo, con un lato che sporge verso Alpha Capricorni, la stella Algedi. Secondo l’astrologia antica Saturno domina la costellazione del Capricorno.

In numerose stele votive provenienti dall’Africa, il dio è rappresentato secondo lo stile  greco-romano. Un simbolo triangolare, con ai tre lati il pianeta, il sole e una falce di luna. Anche in questo caso si tratta molto probabilmente della costellazione del Capricorno attorniata dagli altri astri.

Anticamente infatti il Sole si trovava in questa costellazione al solstizio d’inverno, attorno al 21 dicembre.

Attualmente per effetto della precessione degli equinozi già scoperta da Ipparco nel II secolo a.C. – il solstizio d’inverno si è spostato nel Sagittario, ma la latitudine alla quale il Sole appare allo zenit in quel giorno è ancora chiamata Tropico del Capricorno, a ricordo delle antiche configurazioni celesti.

Inoltre nell’antica Roma i Saturnalia, i festeggiamenti in onore di Saturno, istituiti già nel 497 a.C., si svolgevano il 17 dicembre e si prolungavano per alcuni giorni, all’epoca sotto il segno del Capricorno.

Secondo alcuni testi, a tutt’oggi l’unica rappresentazione pittorica di Saturno si trova a Pompei, nell’atrio della Casa dei Dioscuri. A riprova del fatto che questa divinità era ben conosciuta e contava seguaci nell’antica città.

La presenza di una costellazione sopra il Quadrato e in particolare sopra la parola ROTAS, conferma dunque che si tratta di ruote celesti, nel significato di costellazioni o di stelle.

Per quanto riguarda le tre lettere che si trovano sotto il Quadrato, gli studiosi non sono concordi se si tratti di INO oppure di ANO, poiché non sono chiaramente leggibili.

Personalmente ritengo che sia più verosimile si tratti di una I e non di una A. Anche perché la citazione della dea Ino, moglie del re Athamante richiama, come ho già detto, l’adamante di cui è fatta l’harpé.

Inoltre penso sia sempre stato trascurato un altro piccolo particolare: sopra la O si trovano un trattino Ō’ ed una specie d’apostrofo che indica un’abbreviatura.

Consultando il Lexicon abbreviaturararum[4] si può notare che NŌ’ è l’abbreviazione per notabilis.

Considerando che dopo la I compare una specie di virgola che ha valore di separazione tra due parole, si legge:

I,NŌ’

 Questa abbreviatura latina significava Ino famosa, ma con il doppio senso di Ino famigerata.

Ino infatti, secondo alcuni autori latini, avrebbe spinto il marito Athamante a uccidere i figli del suo primo matrimonio con Nefele. Per la sua malvagità sarebbe stata poi costretta a gettarsi in mare dove fu tramutata nella nereide Leucotea.

Anche in questo caso le parole e le lettere hanno significati plurimi e formano una sciarada da risolvere.

L’iscrizione si conclude di nuovo con un saluto a Saturno:

 SAUTRAN VALE

L’autore del graffito comprese che il Quadrato era rivolto al dio Saturno, grazie all’harpé suo attributo, e volle emulare l’ideatore del crittogramma ampliando l’iscrizione. Così la arricchì, inserendo ulteriori indizi che si riferissero a Saturno.

Queste forme di preghiera a risvolto giocoso erano caratteristiche delle feste che si svolgevano durante i Saturnalia, festività romane dedicate proprio a Saturno.

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[1] Cfr. Enciclopedia Hoepli, voc. satrapo, Milano, 1971

[2] Cfr. Thesaurus linguae graecae, voc. Σατράπης, Oxford, 1990

[3] Cfr. Thesaurus linguae graecae, voc. Σατράπης, Oxford, 1990

[4] Lexicon abbreviaturarum: dizionario di abbreviature latine ed italiane usate nelle carte e nei codici, specialmente nel Medioevo, riprodotte con oltre 14000 segni incisi, con l’aggiunta di uno studio sulla brachigrafia medioevale, un prontuario di sigle epigrafiche, l’antica numerazione araba ed i segni indicanti monete, pesi, misure, etc., a cura di Adriano Cappelli, Milano, 1988

[5] Cic. Ep. Fragmenta del II libro, da Macrobio, I saturnali II 1, 14